sabato 28 gennaio 2017

Furia cieca nel delitto di Collitondi: caccia all'assassino per Cantagallo


Nel consueto appuntamento settimanale vi propongo un estratto del giallo "Lo sguardo nel buio" pubblicato da Cristian Cavinato della Cavinato Editore International di Brescia, nell'indagine di Collitondi dove un uomo cieco è stato barbaramente ucciso in circostanze oscure e dalla dinamica che risulta apparentememente chiara: omicidio a scopo di rapina. La Questura di Castronuovo vuole insabbiare l'indagine e indirizza il commissario verso la pista delle "furie gialle". Per la Questura il cieco si è  trovato nel mezzo a uno scontro fra bande cinesi rivali malavitose per il predominio del territorio di Collitondi. 
Cantagallo non ci sta e mettere il bollo tondo su quella ipotesi senza senso del Questore Zondadari che come al solito è stato imbeccato dal vicario Bonadonna. In paese non si è mai sentito parlare di "furie gialle" e tutte i cittadini della comunità cinese erano persone perbene e benvolute da tutti. Il commissario però viene lo stesso convocato in Questura da Zondadari che gli deve esporre nei minimi dettagli l'ipotesi investigativa ufficiale delle "furie gialle" che metterà una pietra tombale sopra l'indagine di Cantagallo che non è appena iniziata si vuole fare concludere per non turbare gli animi della cittadinanza. 
Il commissario Cantagallo è atteso dal Questore ma prima si dovrà sorbire il sermone del vicario durante i consueti "preliminari" che Bonadonna impone al poliziotto per prepararlo al colloquio con il suo superiore.  

Ecco a voi, qui sotto, l'estratto del giallo. 
Buona lettura.




 "Cantagallo era arrivato con netto anticipo all’appuntamento con il Questore. Era il suo modo di arrivare in orario a tutti gli appuntamenti. Il commissario preferiva aspettare piuttosto che essere aspettato. Non solo questa era la ragione per arrivare in anticipo in Questura. Preferiva anticiparsi anche perché era sempre in agguato il vicario. Bonadonna, con la scusa di parlargli un "minuto", come diceva lui, lo teneva parecchio sull’uscio dell’ufficio per i famosi “preliminari”. Il vicario aveva l’abitudine di infarcirlo con le sue solite comunicazioni preliminari sull’indagine in corso, e poi lo congedava definitivamente senza dar modo al commissario Cantagallo di poter replicare.
    Stavolta, forse, il vicario era in ferie e non l’avrebbe scocciato con le sue consuete chiacchiere d’aria fritta. Ma gli tornò in mente una cosa. Come aveva fatto Fontanarosa a fare un occhio nero a Zondadari? L'avrebbe chiesto a Bonadonna se l'avesse incontrato e se fosse riuscito a dirglielo. Ma quel pomeriggio ne avrebbe fatto volentieri a meno dei "preliminari".
    Salì le scale che lo portavano al piano degli uffici del vicario e del Questore. A quell’ora il resto degli impiegati era in pausa pranzo e in Questura rimanevano solo poche persone. Arrivato al piano, aprì una porta di vetro smerigliato e iniziò a percorrere il lungo corridoio dove, in fondo, c’era l’ufficio di Zondadari. I suoi passi rimbombavano nel silenzio di quello stanzone e non passarono inosservati all’orecchio ben allenato del vicario che lo aspettava al varco nel suo bugigattolo.
    «Commissario? Commissario Cantagallo? È lei? Si avvicini, Cantagallo, che le devo parlare un minuto» fece la voce mielosa di Bonadonna da dietro la porta lasciata aperta del suo ufficio.
    Il commissario, consapevole del doppio appuntamento pomeridiano, si avvicinò alla porta del vicario come un malfattore medievale si avvicinava al ceppo della gogna.
    «Vicario, buonasera» disse asciutto Cantagallo, accennando un gesto di saluto con la mano e tentando di entrare nella stanza. Non fece nemmeno in tempo a sollevare il piede che fu subito fermato sulla soglia.
    «Buonasera, egregio commissario Cantagallo. No, rimanga pure lì, tanto non la trattengo più di un minuto. Il signor Questore la sta aspettando ed è un po', come si dice in questi casi, infervorato. Ma lo si può capire, dopo la lavata di testa di ieri del dottor Fontanarosa!».
    «Di che “lavata” si tratta, vicario?».
    «Si tratta della telefonata che il Sostituto Procuratore Fontanarosa ha fatto al signor Questore Zondadari dopo che lo stesso Procuratore era stato chiamato al telefono dal presidente Occhionero».
    «Ah, ecco, quell’Occhionero…».
    Ecco la spiegazione dell’occhio nero, pensò subito Cantagallo. Non si trattava dell’effetto di un cazzotto in faccia, ma del Presidente dell’Unione Ciechi della Val Marna.
    Intanto Bonadonna proseguiva il suo sermone.
    «Il presidente Occhionero dell’Unione Ciechi non "ci vedeva" dalla rabbia per il delitto di quel cieco ucciso a Collitondi. Era furibondo. Per non parlare dei quotidiani locali di stamani mattina. È in ballo la reputazione dell’intera Questura. I fatti sono noti e non possiamo perdere la faccia davanti a un’opinione pubblica che reclama i colpevoli. Purtroppo c’è stata una fuga di notizie. Certi particolari sono stati carpiti da dei giornalisti da strapazzo che ne hanno approfittato per titolare a nove colonne. Siamo alla gogna! Un episodio come tanti altri non può mettere alla berlina la Questura di questa città. Allora dobbiamo anticipare gli eventi e le anticipo che il signor Questore le comunicherà che il caso è risolto».
    Cantagallo ascoltava pazientemente e fra sé rimuginava. Il caso risolto?! E da chi?! Non c’era nemmeno uno straccio di una prova che fosse una per accusare qualcuno! Era sempre la solita storia. Garçia, il vicario, per i casi criminali di cui non sapeva dove andare a prendere il bandolo della matassa, elaborava delle pittoresche soluzioni che non avevano alcun fondamento. Poi le forniva su un fogliettino di carta a Zorro, il Questore, che puntualmente le ripeteva a mente o le leggeva di soppiatto a Cantagallo durante le riunioni.
    Garçia fece una pausa studiata: era il preludio alla formulazione della soluzione di quel caso.
    Cantagallo dissimulò una certa tensione e trattenne il fiato, anche perché, se l’avesse preso, l’avrebbe usato per mandare il vicario a quel paese.
    «Tutto è chiaro come il sole, commissario. In questa vicenda non c’è alcun lato oscuro. In questo delitto non c’è nessuna zona d’ombra. L’uomo è stato ucciso per una malaugurata coincidenza e niente più. La sua unica colpa è stata quella di passare di lì per puro caso. Si è trovato nel mezzo a una resa dei conti fra bande rivali della purtroppo nota malavita cinese che imperversa a Collitondi e in tutta la provincia. Gli ematomi sul corpo del cieco sono i chiari segni dei colpi di karatè ricevuti dalla vittima. Colpi mortali sferrati dai micidiali aggressori delle purtroppo note “furie gialle”, che ben conoscono le arti marziali orientali. La loro ferocia è stata fatale per quel povero malcapitato. Ormai quei criminali avranno già lasciato il paese e saranno chissà dove. Noi della Questura archivieremo questo caso come “crimine maturato negli ambienti della malavita cinese commesso da ignoti criminali orientali che sono espatriati sfuggendo alle maglie dell’Interpol” e niente più».
    Il commissario non parlava e il vicario continuava.
    «La situazione, lo capisce anche lei, è da prendere con le molle.  Malavita cinese, regolamento di conti fra bande rivali e uno sfortunato cittadino che ci rimette la pelle. Però non bisogna creare allarmismi. Si è perpetrato un delitto dai contorni oscuri, e abbiamo il sacrosanto dovere di fare sentire la nostra voce per rassicurare l’opinione pubblica. Dobbiamo intervenire, indicare i colpevoli, senza però allarmare le popolazioni, anzi cercando di sdrammatizzare quello che è avvenuto. Un limpido esempio di tale modo di comportarsi ci viene dai nostri saggi predecessori della Roma antica. I Romani castigavano i pericolosi mori addirittura ridendoci sopra e dicevano nella loro lingua latina: “Castigat ridendo mores”, frase che certamente conoscerà anche lei».
    Il commissario annuiva muovendo il capo ritmicamente, come quei canini finti che si vedono dietro il lunotto delle auto. Non credeva alle sue orecchie sentendo la valanga di bischerate che stava dicendo Bonadonna. Ma non volle controbattere in quella sede. L’avrebbe fatto dopo nell’ufficio del Questore, come faceva sempre. Non poteva perdere tempo e parole con quella specie di brutta controfigura d’impiegato ministeriale.
    Intanto il vicario proseguiva, non curante delle frasi latine che diceva a casaccio di cui non conosceva il significato e nemmeno capiva il senso.
    «E poi i nostri cittadini devono sapere che se accade un crimine: “Sine qua non”, ovverosia “Siamo qua noi”, come dicevano i latini e anche il signor Questore. Ora, la devo salutare. Si sbrighi, commissario, perché è già in ritardo. Buonasera» e concluse, sollecitandolo ad andare con il gesto delle mani.
    «Buonasera» salutò asciutto il commissario. Girò il sedere e si diresse verso la riunione col Questore.
"





Nessun commento:

Posta un commento