sabato 17 ottobre 2015

Il commissario CANTAGALLO: uno di noi

Il poliziotto indaga in un paesino toscano e il suo stare nelle strade fra la gente lo porta a contatto con tante persone. Alcune vedono in lui la persona in grado di ascoltare i propri problemi o anche solo di stare a sentire quello che hanno da dire perché non hanno altri a cui confidare certe cose. Cantagallo è così, un uomo di paese, un poliziotto di periferia che sta bene con le persone perché ne apprezza i lati positivi senza critarne quelli negativi che, come in ognuno di noi e anche in lui stesso, fanno parte dell'altra faccia della medaglia del nostro modo di essere. Non eccede mai e si mantiene "basso" per evitare di volare alto dove è più facile cadere giù. Rimane così in famiglia e fra la gente del paese che lo considera giorno dopo giorno, oltre che un poliziotto, uno di loro. Cantagallo è uno di noi e proprio per questo voglio farvi leggere un brano del penultimo giallo pubblicato. Spero via sia gradito e che vi piaccia, come hanno detto le persone che lo hanno letto.
  
Quello che segue è stato estratto dal giallo "Lo sguardo nel buio" pubblicato da Cavinato Editore e lo trovate anche su Bookrepublic al link qui sotto
https://www.bookrepublic.it/book/9788899121686-lo-sguardo-nel-buio/?tl=1



(...)


La voce del signor Ceccarelli che prima era forte e decisa, si era fatta debole e tremante. Fece una piccola pausa, per trovare il coraggio di continuare a parlare. Cantagallo capiva che quel cieco voleva dirgli qualcosa d’importante, sia per l’indagine sia per se stesso. Forse il cieco voleva confidare a quel poliziotto un proprio pensiero che teneva custodito da molto tempo. Quell’uomo cieco sentiva che quel semplice poliziotto di paese era un brav’uomo. Un commissario capace di ascoltare la gente, ma anche in grado di osservare e di comprendere le persone che aveva di fronte a sé.
«Dica pure, signor Ceccarelli. Sono a sua disposizione».
«Lei, commissario, è una brava persona. L’ho capito subito
quando l’ho sentita parlare. Persone come lei, ce ne sono poche. Volevo trovare una persona come lei per raccontare questa cosa che tengo dentro da tanto tempo. Io non ero cieco, lo sono diventato. Io vedevo e ora non vedo più. E volevo dire alle altre persone, che vedono e che non sono cieche come me, che anche da ciechi non si sta poi tanto male. A questo mondo ci sono malattie molto più brutte, che ti tolgono l’uso delle gambe, delle braccia, del cervello, che ti rubano gli affetti, che ti rubano la vita e non la vista. Ci tenevo a dirlo perché in questo mondo di oggi, dove tanti valori della società e della famiglia stanno scomparendo, occorre dire ai giovani le cose come stanno. Occorre fare capire che un uomo cieco come me, se ha il sostegno della propria famiglia e di amici veri, non ha niente da temere e niente gli può fare paura. Non si deve aver paura di essere ciechi. La mia famiglia mi ha sempre dato una mano e gli amici veri non mi hanno mai abbandonato, non mi hanno mai perso di vista. Uno di questi era Beppe, come lo chiamavo io, il povero Giuseppe Mecacci, che fin dal primo momento dell’incidente agli occhi mi era stato accanto. Beppe mi era stato sempre vicino, dicendomi di non disperare. Mi faceva forza e mi diceva di non mollare, soprattutto per mia moglie e i miei figli. Lui, proprio lui, che cieco fin dalla nascita non aveva mai potuto vedere la luce del sole, il colore del cielo, i riflessi del mare e nemmeno il colore della notte. Sì, proprio
così commissario Cantagallo, la notte ha un proprio colore. Io le dico questo perché prima vedevo e dopo ho notato la differenza che c’è fra il buio totale che accompagna un cieco nella sua vita e l’oscurità che avvolge un luogo a notte fonda. Le sembrerà strano, commissario, ma il buio che vede un cieco è diverso dall’oscurità che una persona normale può osservare nella notte. Il mio amico mi diceva che sarei riuscito a vedere oltre quel buio fitto che mi avrebbe circondato per il resto della mia vita, che avrei visto dove altri, non ciechi come me, non avrebbero mai potuto o voluto vedere. E così è stato. Questa è la mia storia, commissario, e questo è quello che volevo dirle prima di parlarle di quella sera maledetta».

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