domenica 6 luglio 2014

Tecnica d'indagine e "mosaico criminale" del commissario Cantagallo

 
Ogni oggetto, ogni traccia, ogni prova parla con il suo linguaggio al commissario Cantagallo: questo è quello che dice lui. Per Cantagallo ogni bravo investigatore deve riuscire a comprendere il linguaggio di ogni oggetto. Cantagallo cerca sempre di migliorare la propria tecnica di analisi dei fatti criminali. Ogni pezzo del suo “mosaico criminale”, come dice lui, doveva avere la sua collocazione precisa.
Il commissario inquadrava ogni crimine in quello che amava definire come il “mosaico criminale”. Ogni indizio, prova, fatto era configurato come il singolo pezzo di un mosaico che doveva essere composto per scoprire il colpevole. Per rafforzare tale concetto, nel suo ufficio, dietro la scrivania, aveva attaccato al muro una stampa della riproduzione del mosaico della “Battaglia di Isso”, riconosciuto a livello internazionale come emblema dell’arte mosaicista. Non solo. Quel mosaico rappresentava anche l’intelligente vittoria di Alessandro Magno sul re persiano Dario. Il persiano volle affidare la sua vittoria solo al gran numero di uomini, ma fu sconfitto perché la forza numerica si trasformò in una debolezza operativa. Alessandro Magno invece vinse con un minor numero di uomini grazie alla loro intelligenza e alla sua tattica. Questo era un concetto caro anche a Cantagallo che si era dotato di un piccolo “esercito” di nove fidati colleghi.              
Per il commissario Cantagallo tutte le ipotesi devono essere suffragate da prove certe e incontrovertibili. “Una supposizione priva d'evidenza, con il Questore Zondadari, ha poca consistenza.”, questo spesso dice il commissario ai suoi colleghi, quando sono nel pieno di un’indagine. A volte Cantagallo entra in “crisi michelangelesca” ed è stato tentato dal chiedere a qualche oggetto: “Perché non parli?”, come fece all’epoca un altro toscano molto più famoso di lui. Sembra strano, ma certe volte anche gli oggetti “parlano” a Cantagallo. Non in modo chiaro e udibile da tutti, certamente. Semmai, ognuno di loro parla con un certo linguaggio particolare che deve essere bene interpretato, per essere compreso nel modo giusto. Ogni oggetto parla una lingua ai più sconosciuta, ma che può benissimo essere compresa da un abile investigatore. Un bravo poliziotto, così, è in grado di fare da “interprete” e può interpretare il significato di quello che un oggetto vuol dire. Sta al commissario e ai suoi uomini capire il linguaggio degli oggetti raccolti durante una indagine, decifrarne il messaggio e scoprire il vero contenuto, che contribuisce alla soluzione di un omicidio.
La tecnica d’indagine è particolare: è seguita ogni traccia e ogni indizio che, per Cantagallo, costituiscono le tessere di un “mosaico criminale”. Completato il “mosaico”, l'indagine è risolta e l’omicida smascherato. Il commissario analizza i fatti nella sua "stanza da lavoro", il vero e proprio laboratorio investigativo del commissariato. Cantagallo cerca sempre di ricostruire il luogo in cui è avvenuto il crimine e prende in considerazione ogni piccolo dettaglio: visiona anche il filmino girato sul luogo del delitto per immedesimarsi meglio nella scena in cui si è svolto l’omicidio. Il commissario è molto attento al luogo del crimine e alla scena del delitto nel suo complesso: indossa sempre e fa indossare ai suoi colleghi guanti mono uso per le mani e scarpini in plastica sopra le scarpe, per non contaminare l'ambiente. La sua tecnica d'indagine è particolare e con un colpo di genio finale riesce sempre a incastrare il colpevole e a farlo confessare.
 

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