domenica 7 luglio 2013

RIME DI UN “VIAGGIATORE”

RIME DI UN “VIAGGIATORE”

Giunti alla fine del medievale giallo
ecco la spiegazione che tiro in ballo.
Cantagallo non è reale, ma tuttavia

vuol fantasticare con la fantasia.
Allora s’inventa viaggi eccezionali
in tanti luoghi e in tanti esempi
conosce dame e cavalieri medievali
che anche se non lo sono son d’altri tempi.
Il paradosso è che in ogni suo viaggio
a fantasticare non è l’autore ma il suo personaggio.
Questa non sarà una gran fine, ma tuttavia:
“Dite la vostra che ho detto la mia”.
 
 

LA CURIOSA MORTE DEL COLONELLO MILLAR

UN SIMPATICO CONCORSO
in collaborazione con il gruppo facebook I LIBRO-COMPULSIVI:
"LIBRO TRA LE RIME"
ovvero "Leggi il giallo medievale rimato
e tra le rime scopri il titolo del libro che in esse è celato".

Per gentile cortesia di Elisa Bosso e favorevole concessione del GRUPPO ILC, che ringrazio.

QUINTA STORIA
«Le indagini “im”possibili del commissario Cantagallo»


LA CURIOSA MORTE DEL COLONELLO MILLAR

 

A Netherfield Park tenevasi il gran ballo,

poteva mai mancare il famoso Cantagallo?

Ballava di malavoglia col pensiero alla branda,

conducendo Lady Lucas di età ben veneranda.

Sir William, il di lei marito,

aiuti avea chiesto al commissario

e ben credea con cotanto invito

d’essersi sdebitato il necessario.

Mentre fremevano le danze

s’udiron urla in altre stanze.

Le grida seguitavano e chiedean aiuto

e tutti accorsero in meno di un minuto.

Spalancaron la porta, guardaron verso il letto

e scorsero Georgiana a caval del colonello,

con cosce tornite e quarta di reggipetto, 

che se lo cavalcava con tanto di brindello.

Strillava la pulzella: “È morto d’accidente!”, 

e tosto lo scavalcava scoprendo l’incidente.

Cantagallo osservò di lontano il di lui fagotto

e notò, fatto strano, che manco era barsotto.

Sir William condusse seco lui Cantagallo

e fè segno agli altri di allontanarsi,

volea confidar dettagli che eran in ballo

così da essi, a quel modo, svincolarsi.

Il morto, Millar, era colonello

assai attempato per tale Georgiana

che a Wickham di corna facea un fardello

perché era apprezzata come nobil cortigiana.

D’altronde Wickham non era un agnellino

bevea whisky e a whist perdea quattrin’ 

vivea d’intrighi, non era un damerino,

ma era parente stretto di Lady Catherin’.

Cantagallo, fiutator di gente abietta,

scorse del morto vuotata la sacchetta,

notò strisciate di corpo sul pavimento

prova del cadavere il trascinamento.

Con fare attento s’avvicinò al morto,

scrutò attentamente le di lui parti vitali

e notò che v’era un che di storto:

ematomi di dita d’uomo sulle giugulari.

“Diecimila son troppi pel tuoi servizi”, porse scaltro.

“Di grazia, ne piglio mille. I novemila li prese l’altro”.

L’ingenua Georgiana di nuovo avea tradito

il Wickham fellone, assassino garantito.

“Ai ferri, tosto ponete i diabolici amanti

che vollero far credere e uccisero coi guanti”.

Siam giunti così alla fine della storia

   che ebbe Cantagallo a finirla in gloria.
 
 

Un medievale giallo del commissario Cantagallo
© 2013 Fabio Marazzoli





UN GHIOTTO MISTERO PER MISTER KREUTZNAER

UN SIMPATICO CONCORSO
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"LIBRO TRA LE RIME"
ovvero "Leggi il giallo medievale rimato
e tra le rime scopri il titolo del libro che in esse è celato".
Per gentile cortesia di Elisa Bosso e favorevole concessione del GRUPPO ILC, che ringrazio.

QUARTA STORIA


«Le indagini “im”possibili del commissario Cantagallo»

UN GHIOTTO MISTERO PER MISTER KREUTZNAER

All’ombra di una palma

un forestiero spaesato

se la godea con calma

a scrutar l’oceano sconfinato.

Una fresca brezza gli sferzava il viso

in quell’isola caraibica, terra di paradiso.

Godeasi la frescura in quel luogo ameno

beandosi del laim fra i faraglioni

che si palesò figura di indigèno

foriero di gran rottura di maroni.

Con gran enfasi salutò il forestiero

e disse che Bob Kreutznaer si nomava, 

condusse seco lui per un sentiero

ove avea caverna che abitava.

“Sebben da tant’anni son nell’isolotto,

seppi di voi, Cantagallo il poliziotto!”.

Gli contò di certi guai,

accaduti in mesi andati,

ove dei suoi marinai

erano iti e più tornati.

La cosa, per lui, era assai strana

perché i suoi commilitoni

sapean che la caverna-tana

zeppa era di lingotti e di dobloni.

Il prezioso tesoro era molto vasto

e l’avrebbe preso il superstite rimasto.

Alla caverna era un moro forte di braccia,

grasso d’aspetto e sorridente in faccia.

“Costui mi è servitor” mirando il nerone,

e l’altro ridendo disse: “Sì, padrone”.

Poscia che Cantagallo al tavolo si sedette

offertogli per pranzo un cosciotto a fette.

Fra un boccone e l’altro di tal spuntino

Bob contò che dei marinai non v’era traccia

pure dell’ultimo, il grasso con l’orecchino,

ma il nerone avea il sorriso in faccia.

Cantagallo inorridì ma scaltro porse:

“Un buon cosciotto. È di maiale, forse?”.

“È vero, grasso e grosso come maiale”

fè il nerone, ma ci rimase male.

Tosto Cantagallo si risolse all’azione

e, svisto, versò potente lassativo

nel bicchier di vino del nerone

e poscia un istante era già attivo.

Un gran cagherone li fè svuotare l’intestino

e in quel mare di cacca, sulla sommità,

del poro marinaio scorgeasi l’orecchino

   perché si sa: “Tromba di culo, di… delitto sanità”.

Un medievale giallo del commissario Cantagallo
© 2013 Fabio Marazzoli



L’ULTIMO ARTICOLO DEL DIRETTORE WALTER

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TERZA STORIA


«Le indagini “im”possibili del commissario Cantagallo»


L’ULTIMO ARTICOLO DEL DIRETTORE WALTER

 

“Assassinè le directeur! Le directeur assassinè!”

 urlava simil araldo a Saint Germain de Pre’.

“Una copià” gli fece un italiano

seduto nel bar al tavolino

con ventidue soldi in mano

ma che non era parigino.

Quei glielo dette e poscia lo squadrò,

“Ma voi non siete forse il gran Cantagallò?”.

L’altro mesto annuì ed era anco scocciato,

“Non posso stare quieto manco nel passato”.

Sorseggiava della birra un gotto

che si palesò gendarme senza egual

con baffi alla russa e tracagnotto:

il detective Giacomo Rival.

“Monsieur Cantagallò” quello fece, “Rival, enchantè!”.

“Messiè Rival” l’altro rispose, “Molto onorè!”.

In un francese italianizzato

colloquiarono mangiando due baguette

e poscia aver il corpo saziato

presero via per Notre Dame de Lorette.

Andarono per il grande Boulevar’

e per la Fontaine numero diciassette

ove di gente ce n’era un mar

e Cantagallo si sorprendette.

Vi era lì de “La Vie Francaise” la sede,

quotidian parigino che pochi rival possiede.

Tutto il clamor era scatenato

dal direttore morto ammazzato.

Walter si nomava l’assassinato

e non v’era dubbio alcuno,

da un proiettile era passato

ma di assassini nemmeno uno.

Cantagallo scrutò il luogo attentamente

e notò che Walter svisto dall’uccisor

avea sottolineato ben nettamente

su un articolo la parola cacciator.

Guardò sottocchio la scrivania vicina

ove era Saint-Potin redattor fellone

che sul muro avea una ventina

di trofei di caccia e anco un leone.

Rival bisbigliò che della vedova era l’amante

e Cantagallo così capì tutto in un istante.

Lo scaltro Saint-Potin mise mano alla cintòla

ove tenea celata una micidial pistola.

Cantagallo accortosi del malfattor

diedegli colpo con trofeo leopardato

e Saint-Potin da cacciator

finì con l’esser cacciato. 

Un medievale giallo del commissario Cantagallo
© 2013 Fabio Marazzoli



sabato 18 maggio 2013

LA TRAGICA MORTE DELL’ONORABILE JEJEE

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ovvero "Leggi il giallo medievale rimato 
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SECONDA STORIA 


«Le indagini “im”possibili del commissario Cantagallo»

LA TRAGICA MORTE DELL’ONORABILE JEJEE

“Gentleman, gentleman” facea l’indù impertinente
e l’altro, a occhi chiusi, facea l’indiano veramente.
Non contento, con la man lo scosse
e l’altro, Cantagallo, allor si mosse.
“Ve lo dico e poscia ve lo ripeto,
non voglio collanine e fatemi star quieto.
Partitomi da Londra con un effetto boom
son qui catapultato a bordo del Rangoon”.
L’indù, lieto del risveglio procurato,
si fè discosto per palesar un panzuto tale
che da gran veste era addobbato
ché era gendarme della portuale.
“Gentleman Cantagallo” il grasso porse,
“sono Oysterpuf e il vostro aiuto si chiede”.
Cantagallo, scocciato, il capo torse.
L’altro soggiunse: “La vostra fama vi precede”.
James Jejeebhoy a Hong Kong onorabile
passato parea per morte d’accidente,
anche se da laccio poco notabile
il collo palesava un incidente.
Senza vita, così, l’avea trovato
il servitor Obadiah, indù tarchiato.
Seppe che Jejee dal Gange era fuggito
per strappare al rogo la dolce cugina
che a cagione della morte del raià marito
avea rischiato il sutty di mattina.
Il ratto era avvenuto alla Pagoda del Pillaji
rincorsi dai seguaci di Kalì fino al Bundelkund.
Alchè Cantagallo, satollo di stranezze ormai,
confondendo porse: “Ma questo buc’ de cul?”.
Oysterpuf rise un po’ pe’l frainteso indù,
Cantagallo disse: “Qua non ci torno più”.
Tosto si riebbe e a cogitar cominciò,
rimise insieme i fatti lì per lì,
le vicende degli indù si rimembrò
in specie dei seguaci di Kalì.
Poscia ebbe un lampo premonitore
e squadrò Obadiah, il servitore.
Notò al collo un laccio assai tagliente
che dovea aver appeso medaglia oppur pendente.
L’indù s’accorse e volle mettere mano al kris,
Cantagallo l’ammollò un cazzotto, pronto per il bis.
“Puf, ai ferri l’assassino indù che giace lì”
e gli scoprì sotto la veste il medaglione di Kalì.
Lo stolto Oysterpuf si mise a fare il gufo,
volea saper cagioni e le pudenda facea gonfiare,
ma il quieto Cantagallo che a quei era già stufo:
 “Puf, vuolsi così e più non mi puffare”.



  
Un medievale giallo del commissario Cantagallo 
© 2013 Fabio Marazzoli 



 


LA MISTERIOSA MORTE DELL’ORSINO

UN SIMPATICO CONCORSO 
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PRIMA STORIA
 
«Le indagini “im”possibili del commissario Cantagallo»

LA MISTERIOSA MORTE DELL’ORSINO

Trovavasi Cantagallo in quel di Barletta
addì del terzo anno del millecinquecento
ove uomin d’arme e baron francesi di gavetta
si battean con gran fervore e ardimento.
Quantunque non rimembrasse la cagione
che l’avea condotto in tal regione
si sollazzò un poco a zecchinetta,
chè tanto non v’era alcuna fretta.
Manco udì della campana il tocco egregio
che si palesò Riccio da Parma, gendarme regio.
Trattolo in disparte, con poche parole,
lo condusse seco lui all’osteria “del Sole”
ove stava in ambasce donna Grisella
di giovin età e per sua grazia bella.
Illustrato a Cantagallo il grave lutto
che avea patito la gran bella dama
nel perder il marito che, seppur brutto,
avea di sostanze una gran fama.
Riccio si risolvette a chieder il suo aiuto
perché delle morti incerte avea un gran fiuto.
Subitamente parea d’accidente morto,
poscia il gendarme ravvisò un distorto.
Scrutatolo ben bene po’ che morto era
s’accorse che era passato sì, ma con la lingua nera.
Uccione Orsini, si nomava il morto,
stava faccia bocconi e con il capo torto
mentre il giovin oste per un gentil rispetto
stavasi a sostenere la vedova pel suo cotanto petto.
Cantagallo, abile scrutator del popol criminale,
vide nei gesti dell’oste un fare un po’ triviale.
Come mai quella sì gentil donzella
nel sentirsi tramenar tutta non facea favella?
Accortosi allor di quel vile concupicio
mise in atto immantinente il suo abil artificio.
Sclamò: “Ohè, Baccio! Ma che solete
far banchettar topi in cucina?” beffardo egli la porse.
L’altro, manco voltandosi, con le mani fra le sete:
“C’avrei per quelli un veleno sopraffino…” e la lingua si morse.
Fè Cantagallo: “Riccio, i ferri all’oste assassino
truce ribaldo e infimo Valentino!
L’oste marrano di mettermi nel sacco credea
e col veleno infigardo volea farmi fesso
ma io feci come colui che dicea:
“Tralli, tralli, voglio veder chi ha il lesso!”.
Per chi non sa delle miserie il guaio
la frase in romagnolo non ha un nesso,
ma era gridata dal furbo verduraio 
per vender tralli (ravanelli) invocando il lesso. 

  
Un medievale giallo del commissario Cantagallo 
© 2013 Fabio Marazzoli