domenica 31 luglio 2011

Il filo di Arianna - Nona parte

Il filo di Arianna - Nona parte

Cantagallo voleva capire subito perché un portiere di condominio fosse interessato alla lettura della Divina Commedia e voleva vederci chiaro. La cosa non gli quadrava e disse ai suoi colleghi “elettricisti” di rientrare al commissariato per vedere quello che avevano fotografato.
I due poliziotti in tuta blu salutarono il portiere e lasciarono il palazzo. Poco dopo erano già nell’ufficio di Cantagallo per guardare al computer le foto scattate alle pagine del libro. Il commissario aveva chiamato nel suo ufficio anche gli altri colleghi della squadra e aveva voluto che fosse Antica a vedere per prima le frasi sottolineate. L’immagine si formava piano, piano, sul video del computer che non era proprio il massimo della velocità.
Antica, ironica, commentava la lenta prestazione del computer.
“Certo, se ci fosse stata la foto di un delinquente…  ci sarebbe già scappato!”.
“Non ti lamentare, Antica” – fece subito, Cantagallo. – “Il tuo pc va più veloce?!”.
“Appunto!” – ribatteva lei. - “Abbiamo dei computer che vanno a due! Prima o poi a Castronuovo si dovranno convincere a darci dei mezzi informatici più potenti”.
“Non facciamo polemica” – ripeteva il commissario. – “Guardiamo piuttosto di che si tratta”.
Intanto l’immagine si era formata completamente e si poteva distinguere bene di cosa si trattasse. Antica ci pensò un po’ e poi disse sicura.
“È l’Inferno, il quinto canto.  All’inizio ha sottolineato di rosso la frase: «Così discesi del cerchio primaio giù nel secondo, che men loco cinghia e tanto più dolor, che punge a guaio». Poi c’è un’altra foto, non appena me la fa vedere” – e attese un po’ prima di vedere la nuova foto. – “Ecco, qui c’è un’altra frase sottolineata: «Amor, ch'a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m'abbandona». Questo è quello che riesco a vedere meglio. Le annotazioni in lapis si vedono male”.
“E allora, Antica?” – diceva stupefatto il commissario. – “È tutto qui quello che puoi dire?”.
“Per ora questo, commissario. Quelle frasi mi dicono poco. Mi documenterò meglio sull’argomento e spero di dirle qualcosa di più nel pomeriggio”.
“Va bene, Antica, grazie. Cercherò anch’io di attingere ai miei ricordi di scuola delle superiori” – e poi rivolgendosi agli altri. - “Alle tre riunione di lavoro. Facciamo il punto e guardiamo di trovare questa benedetta pista investigativa”.
Mentre parlava ai colleghi, dalla finestra aperta, alle sue spalle, penetrava un odore intenso di mangiare: di peperoni per la precisione. Cantagallo guardò il suo orologio: mancava poco a mezzogiorno e mezzo.  Poi, guardò Baccio come se dovesse dargli una spiegazione di quell’odore.
“Commissario, perché mi guarda?” – disse Baccio che immaginava il motivo di quell’occhiata. –“Non indovino mica sempre tutti gli odori che si sentono dalla sua finestra”.
“In genere, sì e sai anche dire se è in arrivo la signora Faraoni con tanto di vassoio fumante” – replicò subito il commissario.
Baccio si avvicinò alla finestra per odorare meglio.
“In effetti, l’ora è quella giusta della signora Faraoni, ma quest’odore di peperoni, se non sbaglio, non lo collego a nessun piatto che conosco, però è un buon odore”.
I colleghi uscirono dall’ufficio e Cantagallo continuò ad osservare quelle fotografie. Cercava di capire perché quelle frasi erano state sottolineate in rosso. Dai suoi lontani studi alle superiori si ricordava, o perlomeno, che la frase «Amor, che a nullo amato amar perdona» volesse dire che l’amore non perdonava. L’amore non permetteva a nessuno che era amato di non riamare: chi era amato doveva riamare. Si ricordava che questa era una specie di sentenza universale in cui l’amore si affermava come amore fatale e all’amore si doveva rispondere con l’amore. Era sicuro di questa affermazione, ma gli venne un dubbio: se l’amore di un uomo non era corrisposto che poteva accadere? E poi un altro: se la donna amata non riamava che succedeva?
Un rumore familiare di passi veloci nel corridoio del commissariato lo riportò alla realtà. Bussarono alla porta e l’odore già sentito prima si fece più intenso: era la signora Faraoni.
“Commissario, buongiorno” – disse la signora, sorridendo, con un gran vassoio coperto in mano –“Stavolta ho preparato un primo diverso, ma gustoso. L’ho assaggiato la settimana scorsa, ma è la prima volta che lo faccio io”.
“Signora, buongiorno. Ma non si doveva disturbare. Lei ci vizia” – accennava Cantagallo.
“Ma quale disturbo, commissario. È un piacere! Sono strozzapreti ai peperoni e uva. È un piatto autunnale insolito, ma saporito. È speciale e ce n’è per tutti. Ora scappo. Buon appetito!”.
“Grazie, signora” – la salutò e compose al telefono il numero di Baccio. -“Baccio? Sono io. Avverti gli altri che il pranzo è offerto dalla signora Faraoni”.
“Già fatto, commissario. I colleghi hanno sentito l’arrivo della signora Faraoni e hanno già apparecchiato il solito tavolo. Aspettano solo noi”.

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