domenica 9 maggio 2010

Le venti regole di Van Dine


"Le venti regole di Van Dine", il Maestro dei libri gialli.


1. Il lettore deve avere le stesse possibilità del poliziotto di risolvere il mistero. Tutti gli indizi e le tracce debbono essere chiaramente elencati e descritti.

2. Non devono essere esercitati sul lettore altri sotterfugi e inganni oltre quelli che legittimamente il criminale mette in opera contro lo stesso investigatore.


3. Non ci deve essere una storia d'amore troppo interessante. Lo scopo è di condurre un criminale davanti alla Giustizia, non due innamorati all'altare.


4. Né l'investigatore né alcun altro dei poliziotti ufficiali deve mai risultare colpevole. Questo non è buon gioco: è come offrire a qualcuno un soldone lucido per un marengo; è una falsa testimonianza.


5. Il colpevole deve essere scoperto attraverso logiche deduzioni: non per caso, o coincidenza, o non motivata confessione. Risolvere un problema criminale a codesto modo è come spedire determinatamente il lettore sopra una falsa traccia, per dirgli poi che tenevate nascosto voi in una manica l'oggetto delle ricerche. Un autore che si comporti così è un semplice burlone di cattivo gusto.


6. In un romanzo poliziesco ci deve essere un poliziotto, e un poliziotto non è tale se non indaga e deduce. Il suo compito è quello di riunire gli indizi che possono condurre alla cattura di chi è colpevole del misfatto commesso nel capitolo I. Se il poliziotto non raggiunge il suo scopo attraverso un simile lavorìo non ha risolto veramente il problema, come non lo ha risolto lo scolaro che va a copiare nel testo di matematica il risultato finale del problema.


7. Ci deve essere almeno un morto in un romanzo poliziesco e più il morto è morto, meglio è. Nessun delitto minore dell'assassinio è sufficiente. Trecento pagine sono troppe per una colpa minore. Il dispendio di energie del lettore dev'essere remunerato!


8. Il problema del delitto deve essere risolto con metodi strettamente naturalistici. Apprendere la verità per mezzo di scritture medianiche, sedute spiritiche, la lettura del pensiero, suggestione e magie, è assolutamente proibito. Un lettore può gareggiare con un poliziotto che ricorre a metodi razionali: se deve competere anche con il mondo degli spiriti e con la metafisica, è battuto "ab initio".


9. Ci deve essere nel romanzo un poliziotto, un solo "deduttore", un solo "deus ex machina". Mettere in scena tre, quattro, o addirittura una banda di segugi per risolvere il problema significa non soltanto disperdere l'interesse, spezzare il filo della logica, ma anche attribuirsi un antipatico vantaggio sul lettore. Se c'è più di un poliziotto il lettore non sa più con chi stia gareggiando: sarebbe come farlo partecipare da solo a una corsa contro una staffetta.


10. Il colpevole deve essere una persona che ha avuto una parte più o meno importante nella storia, una persona, cioè, che sia divenuta familiare al lettore, e lo abbia interessato.


11. I servitori non devono essere, in genere, scelti come colpevoli: si prestano a soluzioni troppo facili. Il colpevole deve essere decisamente una persona di fiducia, uno di cui non si dovrebbe mai sospettare.


12. Ci deve essere un colpevole e uno soltanto, qualunque sia il numero dei delitti commessi. Il colpevole può aver naturalmente qualche complice o aiutante minore: ma l'intera responsabilità e l'intera indignazione del lettore devono gravare sopra un unico capro espiatorio.


13. Società segrete associazioni a delinquere "et similia" non trovano posto in un vero romanzo poliziesco. Un delitto interessante è irrimediabilmente sciupato da una colpa collegiale. Certo anche al colpevole deve essere concessa una "chance": ma accordargli addirittura una società segreta è troppo. Nessun delinquente di classe accetterebbe.


14. I metodi del delinquente e i sistemi di indagine devono essere razionali e scientifici. Vanno cioè senz'altro escluse la pseudo-scienza e le astuzie puramente fantastiche, alla maniera di Giulio Verne. Quando un autore ricorre a simili metodi può considerarsi evaso, dai limiti del romanzo poliziesco, negli incontrollati domini del romanzo d'avventure.


15. La soluzione del problema deve essere sempre evidente, ammesso che vi sia un lettore sufficientemente astuto per vederla subito. Se il lettore, dopo aver raggiunto il capitolo finale e la spiegazione, ripercorre il libro a ritroso, deve constatare che in un certo senso la soluzione stava davanti ai suoi occhi fin dall'inizio, che tutti gli indizi designavano il colpevole e che, s'egli fosse stato acuto come il poliziotto, avrebbe potuto risolvere il mistero da sé, senza leggere il libro sino alla fine. Il che - inutile dirlo - capita spesso al lettore ricco d'istruzione.


16. Un romanzo poliziesco non deve contenere descrizioni troppo diffuse, pezzi di bravura letteraria, analisi psicologiche troppo insistenti, presentazioni di "atmosfera": tutte cose che non hanno vitale importanza in un romanzo di indagine poliziesca. Esse rallentano l'azione, distraggono dallo scopo principale che è: porre un problema, analizzarlo, condurlo a una conclusione positiva. Si capisce che ci deve essere quel tanto di descrizione e di studio di carattere che è necessario per dar verosimiglianza alla narrazione.


17. Un delinquente di professione non deve mai essere preso come colpevole in un romanzo poliziesco. I delitti dei banditi riguardano la polizia, non gli scrittori e i brillanti investigatori dilettanti. Un delitto veramente affascinante non può essere commesso che da un personaggio molto pio, o da una zitellona nota per le sue opere di beneficenza.


18. Il delitto, in un romanzo poliziesco, non deve mai essere avvenuto per accidente: né deve scoprirsi che si tratta di suicidio. Terminare una odissea di indagini con una soluzione così irrisoria significa truffare bellamente il fiducioso e gentile lettore.


19. I delitti nei romanzi polizieschi devono essere provocati da motivi puramente personali. Congiure internazionali ecc. appartengono a un altro genere narrativo. Una storia poliziesca deve riflettere le esperienze quotidiane del lettore, costituisce una valvola di sicurezza delle sue stesse emozioni.


20. Ed ecco infine, per concludere degnamente questo "credo", una serie di espedienti che nessuno scrittore poliziesco che si rispetti vorrà più impiegare; perché già troppo usati e ormai familiari a ogni amatore di libri polizieschi. Valersene ancora è come confessare inettitudine e mancanza di originalità:


a) scoprire il colpevole grazie al confronto di un mozzicone di sigaretta lasciata sul luogo del delitto con le sigarette fumate da uno dei sospettati; 

b) il trucco della seduta spiritica contraffatta che atterrisca il colpevole e lo induce a tradirsi;
c) impronte digitali falsificate;
d) alibi creato grazie a un fantoccio;
e) cane che non abbaia e quindi rivela il fatto che il colpevole è uno della famiglia;
f) il colpevole è un gemello, oppure un parente sosia di una persona sospetta, ma innocente;
g) siringhe ipodermiche e bevande soporifere;
h) delitto commesso in una stanza chiusa, dopo che la polizia vi ha già fatto il suo ingresso;
i) associazioni di parole che rivelano la colpa;
l) alfabeti convenzionali che il poliziotto decifra.



Tratto da "Guida al giallo" di R. Di Vanni - F. Fossati, Ed. Gammalibri 1980
- La Camera Gialla © - L'Home Page Italiana dei grandi gialli classici

giovedì 29 aprile 2010

Chi poco legge, poco pensa e… poco viaggia!

Vi propongo il celebre commento di Mimmo Facchini



Leggere è come fare una escursione. Si può viaggiare in ogni direzione e conoscere luoghi nuovi e persone nuove. Leggere trascende il tempo e lo spazio dando l’opportunità di fare una conversazione con Il Piccolo Principe di A. De Saint Exupéry, di diventare amici di Dean e Sal viaggiando con loro per le strade dell’America e del Messico, di fare lunghe partite a tennis con Micòl e amici ne Il Giardino dei Finzi Contini, di conoscere personaggi altrimenti poco noti attraverso i libri che li riguardano, di sapere di più di eventi che hanno cambiato il corso della storia, di giocare ed insieme imparare a stare con gli altri... e di fare tanto altro ancora. Leggere è un privilegio degli essere umani. Nessuna altra creatura vivente possiede la stessa capacità. Se il desiderio di leggere esiste non è impossibile trovare dieci o venti minuti per farlo. Gli amanti della lettura utilizzano ogni momento libero per leggere: mentre viaggiano in treno, in metro, autobus, prima di andare a letto. Chi ha letto dei libri ed ha il gusto della lettura certamente si trova meglio di chi non ha li ha letti, perché leggere i libri è come laurearsi continuamente, come continuare ad andare avanti, a conoscere, a studiare… Se si ha il desiderio e la volontà di imparare qualcosa sicuramente si trovano preziosi gioielli in qualsiasi cosa che si legge. Per chi non è abituato a leggere e vuole iniziare a farlo, anche solo per semplice curiosità, può iniziare sempre in ogni momento…ne troverà di tutti i gusti.

di Mimmo Facchini